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giovedì 19 marzo 2020

L'etimologia del nome

Come abbiamo approfondito precedentemente, il verbo ritualizzare non può che fare riferimento a un nome, rito, qui di seguito analizzato dal punto di vista etimologico.
I link presenti nel testo permettono una miglior fruizione del testo, collegando direttamente la parola a una sua definizione o a una pagina in cui ne spiega il significato.

Etimologicamente il termine rito discende dal sanscrito r̥tà-, che è concetto fondamentale della religione vedica, significando l’ordine cui devono conformarsi sia il cosmo sia la società sia l’individuo; a esso si conforma evidentemente anche l’azione sacra, mentre deviando da esso rischierebbe di rompere l’ordine, provocando conseguenze dannose. Una tale concezione del rito non si limita ai popoli di lingua indoeuropea, ma, con diverse formulazioni e accentuazioni, si ritrova in quasi tutte le religioni. Quale che sia l’efficacia che si richiede da un’azione sacra, essa dipende dall'esecuzione ineccepibile, aderente al rito. Sul rito può vegliare l’intera comunità o, secondo i casi, quella dei maschi adulti (nelle società in cui le tradizioni vengono trasmesse oralmente in occasione delle iniziazioni tribali) o determinate categorie sacerdotali; esso può esser conservato, infine, anche in libri rituali.

Esistono casi in cui le azioni sacre non richiedono esecutori speciali (sacerdoti), ma il controllo del rito è affidato ugualmente a precise categorie di persone: così, per esempio, nell'antica religione romana sia i magistrati dello Stato, sia i privati potevano sacrificare, ma quanto veniva ritenuto rito era fissato dai pontefici che, del resto, controllavano anche l’operato degli altri sacerdoti particolari. Il rito può determinare il tempo, il luogo, le persone, il costume, gli oggetti adoperati, i singoli gesti e parole ecc., dell’azione sacra.

Il rito può decadere soprattutto per due specie di processi storici: con il sopravvento di una nuova religione (per esempio, del cristianesimo presso i popoli pagani) i riti della religione precedente si conservano in forma di semplici usanze popolari; ovvero, con una crescente interiorizzazione della religiosità, essi tendono a essere considerati o puramente simbolici o mere esteriorità e possono finire per diventare pratiche superstiziose.

Tipologie 

Quando si parla di una tipologia o classificazione dei riti, s’intendono le azioni sacre stesse; queste comprendono naturalmente oltre all'azione strettamente intesa, cioè i gesti o movimenti (per esempio, sacrificio, processione ecc.), anche le parole da pronunciarsi (formule, invocazioni, preghiere). Si è voluto distinguere (É. Durkheim) riti positivi (che mirerebbero a consolidare la coesione del gruppo) e riti negativi (che si fonderebbero sulla separazione, sull'esclusione del profano dal sacro); oppure riti magici, tendenti cioè a una efficacia automatica, e riti religiosi, rivolti a esseri superiori con lo scopo di indurli ad agire nel senso desiderato; dal punto di vista puramente formale si distingue tra riti orali e riti manuali.

Secondo lo scopo del rito si può parlare di rito di passaggio, al cui interno particolare importanza hanno quelli di iniziazione e di Capodanno, di partecipazione (preghiere, sacrifici, consacrazione), di propiziazione, di purificazione, di regalità, connessi spesso a concezioni di regalità sacra, di inversione e di ribellione, di rituali funerari legati alla celebrazione della morte.

In seguito verranno analizzate altre sfaccettature di questa parola, approfondendone i significati più reconditi. 

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